IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla
 Corte costituzionale per giudizio di legittimita' costituzionale  (n.
 5961/1991 r.g. not. reato - n. 7328/1991 r.g. g.i.p.).
    Visti  gli  atti  del  proc.  di  cui  sopra a carico di: Di Tonno
 Francesca Daniela nata ad Ortanova  (Foggia)  il  19  febbraio  1965,
 residente  a Bosconero (Torino), via Rovereto, 9; Palmacci Mauro nato
 a Torino il 1› luglio 1965, ivi residente, via Barbera, 55;  Palmacci
 Diego  nato, a Torino il 25 aprile 1967, ivi residente, via Isler, 1,
 tutti difesi dall'avv. Augusto Fierro del foro di Torino, indagati in
 ordine al reato di cui agli artt. 12-14 della legge 14 ottobre  1974,
 n.  497, in relazione all'art. 2 della legge 21 febbraio 1990, n. 36,
 perche'  in  concorso  tra  loro  illegalmente,  portavano  in  luogo
 pubblico  due  armi  da  sparo prive del tappo rosso, in Torino, il 5
 settembre 1991;
    Rilevato che il p.m.,  non  ravvisando  sussistenti  nella  specie
 ragioni   cautelari   tali   da   imporre  l'applicazione  di  misure
 coercitive,  disponeva  la  scarcerazione  dei   predetti   indagati,
 chiedendo  quindi,  ai  sensi  dell'art.  121,  secondo  comma, delle
 disposizioni attuative del c.p.p., la convalida del loro arresto;
    Rilevato che all'uopo e'  stata  fissata  l'odierna  udienza,  nel
 corso  della  quale  il  p.m.  ha  chiesto  convalidarsi  gli arresti
 effettuati;
                           OSSERVA IN FATTO
    In data 5  settembre  1991  personale  della  questura  di  Torino
 interveniva  in  citta'  a  seguito  di  segnalazione  della centrale
 operativa secondo cui, nei pressi dell'agenzia dell'Istituto bancario
 S. Paolo sito in corso Unione  Sovietica  angolo  via  Nichelino,  si
 aggirava una vettura Fiat Uno con a bordo persone armate; ivi giunti,
 gli agenti individuavano la predetta vettura sulla quale si trovavano
 tre  persone,  che  veniva bloccata all'altezza del civico 115 di via
 Guala.
    All'atto  dell'intervento  il  passeggero  collocato  sui   sedili
 anteriori  della vettura, una donna identificata poi per la Di Tonno,
 veniva notato abbassarsi come se stesse occultando qualcosa.
    Controllata la vettura, in questa si rinvenivano: sotto il  sedile
 anteriore  lato  guida,  una  pistola giocattolo tipo Colt 357 magnum
 canna 6 priva del tappo rosso; in una scatola collocata sul cruscotto
 una pistola giocattolo tipo Colt Python 357 magnum canna  4  caricata
 con  6  colpi  a  salve  e  con  il  tappo  rosso parzialmente abraso
 (risultata acquistata nella stessa giornata presso l'armeria  Majerna
 di  piazza XVIII Dicembre, 1, il cui titolare, interpellato, asseriva
 di averla venduta con la  verniciatura  rossa  del  tappo  integra  e
 scarica).
    Pertanto  la  donna  ed  i due uomini, identificati per i fratelli
 Diego  e  Mauro  Palmacci,   venivano   tratti   in   arresto   nella
 considerazione  che  "le  due  armi  di  cui  sopra  cosi' modificate
 assumevano le caratteristiche e la potenziale deterrenza  di  un'arma
 comune  da  sparo  in  relazione  alle succitate circostanze di luogo
 (vicinanze di obiettivi come banche ed uffici postali)".
    Appare evidente, da tale notazione degli operanti, che  l'eseguito
 arresto  e'  stato  effettuato con diretto riferimento all'ipotesi di
 arresto obbligatorio nella flagranza dei delitti di cui alla lett. g)
 del secondo comma dell'art. 380  del  c.p.p.,  laddove  si  parla  di
 "detenzione  e  porto  in luogo pubblico o aperto al pubblico di piu'
 armi comuni da sparo, escluse quelle di cui all'art. 2, terzo  comma,
 della   legge   n.   110/1975";   a   nulla,   pertanto,  rileva  che
 l'intestazione del verbale d'arresto rechi la  dicitura  "verbale  di
 arresto facoltativo in flagranza".
    Tale  conclusione  viene  rafforzata  dalle ulteriori circostanze,
 evidenziate dal p.m. nella relazione dei fatti di causa, che  qui  di
 seguito si elencano:
      l'avere  gli operanti indicato i tre arrestati come indagati per
 il delitto di "porto illegale di due armi comuni da sparo" (v. nota 6
 settembre 1991 di trasmissione atti relativi all'arresto), con chiaro
 riferimento proprio all'ipotesi di cui al secondo  comma,  lett.  g),
 dell'art.   380  del  c.p.p.,  e  dunque  ad  un'ipotesi  di  arresto
 obbligatorio in flagranza (benche', anche in tal caso,  la  nota  sia
 intitolata  "trasmissione  atti  relativi  all'arresto facoltativo in
 flagranza";
      l'avere  essi  specificato,  nella  relazione  di   servizio   5
 settembre  1991 della volante 5 con turno di servizio 13-19 (area 9),
 che tale delitto veniva  ravvisato  con  riferimento  alle  due  armi
 giocattolo  prive  del  tappo  rosso  poiche' l'art. 5 della legge n.
 110/1975 le qualifica come armi comuni  da  sparo  in  quanto,  cosi'
 modificate, assumono le caratteristiche e la potenzialita' deterrente
 di queste ultime;
      l'avere,  ancora, qualificato dette armi nei relativi verbali di
 sequestro come armi comuni da sparo perche', appunto, armi giocattolo
 sprovviste del relativo tappo rosso.
    Del resto, se gli operanti avessero inteso effettuare  un  arresto
 facoltativo,  non  avrebbero  citato  la pluralita' di armi comuni da
 sparo prevista dall'indicato art. 380, secondo comma, lett.  g),  del
 c.p.p.  che  regola  un'ipotesi di arresto obbligatorio, ma avrebbero
 invece fatto riferimento alla pena edittale prevista per il porto  di
 arma giocattolo priva di tappo rosso di cui all'art. 5, ultimo comma,
 della  legge  n.  110/1975  (evidentemente  mutuata dagli artt. 12-14
 della legge n. 497/1974 e dunque superiore nel massimo a tre anni  di
 reclusione),  nonche'  alla  gravita' del fatto od alla pericolosita'
 dei soggetti desunta dalla personalita' o dalle circostanze del fatto
 medesimo: con chiaro riferimento  ai  principi  in  tema  di  arresto
 facoltativo posti nell'art. 381 del c.p.p.
    Ne  discende  che  con  la presente udienza dovrebbe procedersi al
 giudizio sulla legittimita'  dell'arresto  obbligatorio  operato  dal
 personale  della  questura  di  Torino  in  relazione  ai fatti ed ai
 personaggi di cui sin qui si e' detto.
    Orbene, ritiene questo giudice di non poter entrare nel merito  di
 tale  giudizio,  preliminare  essendo la soluzione della questione di
 legittimita' costituzionale degli artt. 380, secondo comma, lett. g),
 del c.p.p. in relazione all'art. 5,  ultimo  comma,  della  legge  n.
 110/1975   (introdotto  con  legge  21  dicembre  1990,  n.  36)  con
 riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Detta questione, a parere di questo giudice, e' rilevante  per  la
 presente  decisione in punto convalidabilita' o meno degli arresti ed
 e' inoltre non manifestamente infondata.
                              IN DIRITTO
    La sussistenza dell'accennata  questione  e'  diretta  conseguenza
 dell'interpretazione  che  si  offre  relativamente  all'art. 2 della
 legge 21 febbraio 1990, n.  36,  introduttivo  della  norma  divenuta
 l'ultimo  comma  dell'art.  5  della  legge  n. 110/1975, secondo cui
 "quando  l'uso  o  il  porto  d'armi  e'  previsto   quale   elemento
 costitutivo  o  circostanza  aggravante  del  reato,  il reato stesso
 sussiste  o  e'  aggravato  anche  qualora  si tratti di arma per uso
 scenico o di giocattoli  riproducenti  armi  la  cui  canna  non  sia
 occlusa  a  norma  del quarto comma (e cioe' con visibile tappo rosso
 incorporato)".
    Appare chiaro come il tenore letterale della  norma,  nella  parte
 che qui interessa, sia inequivocabilmente quello secondo cui, poiche'
 il  porto  e' elemento costitutivo del reato di porto d'armi, qualora
 l'arma portata sia un giocattolo privo di tappo rosso, tale  condotta
 costituisce  reato,  piu' in particolare il delitto di porto illegale
 di arma comune da sparo gia' previsto dagli artt. 12-14  della  legge
 n.  497/1974,  rispetto  al  quale,  dunque, il citato art. 5, ultimo
 comma, della legge n. 110/1975 opera come ulteriore specificazione di
 condotta incriminatrice.
    Nella sostanza, percio', tale norma ha  equiparato  l'ipotesi  del
 porto di arma giocattolo priva del requisito dell'occlusione totale o
 parziale della canna mediante visibile tappo rosso a quella del porto
 d'arma  comune  da  sparo  di  cui  agli  artt.  12-14 della legge n.
 497/1974.
    Tale  conclusione   puo'   ritenersi   pacifica,   essendo   stata
 espressamente confermata da codesta ecc.ma Corte, che, nella sentenza
 n.  285 del 23 maggio-18 giugno 1991 (imputato Sgarbossa Alessandro),
 ha affermato: "Per la verita', dalla discussione  parlamentare  (cfr.
 atti  Camera, X legislatura, prima commissione, seduta del 7 febbraio
 1990) sembrerebbe doversi arguire che la suddetta  parificazione  non
 fosse nelle intenzioni del legislatore.
    Ma  il  tenore  letterale  della  norma  non consente di darne una
 interpretazione diversa da quella presupposta dal giudice rimettente"
 (vale a dire quella sopra indicata).
    Orbene, se cosi' e', e' evidente come  all'ipotesi  del  porto  di
 arma giocattolo modificata nel modo descritto vada applicato non solo
 il  trattamento  sanzionatorio previsto per il porto d'arma comune da
 sparo  agli  artt.  12-14  della  legge  n.  497/1974  (pur   con   i
 contemperamenti derivanti dall'applicabilita' della diminuente di cui
 all'art. 5 della legge n. 895/1967 in relazione alla "qualita'" delle
 armi:   v.,  sul  punto,  la  citata  sentenza  n.  285  della  Corte
 costituzionale), ma  anche  la  statuizione  dell'art.  380,  secondo
 comma,  lett.  g),  del  c.p.p.  di  obbligatorieta'  dell'arresto in
 flagranza nel caso di delitti di porto in luogo pubblico o aperto  al
 pubblico  di  piu'  armi  comuni  da  sparo,  escluse quelle previste
 dall'art. 2, terzo comma, della legge n. 110/1975,  ossia  quelle  da
 bersaglio  da sala, ad emissione di gas e ad aria compressa nonche' i
 lanciarazzi.
    Cio' comporta che, nell'ipotesi in cui si individui  il  porto  in
 luogo  pubblico  di  due  o  piu'  armi  giocattolo modificate (come,
 appunto, nel caso di specie), l'arresto dei soggetti attivi del reato
 sarebbe sempre obbligatorio.
    E proprio  tale  obbligatorieta'  dell'arresto  realizza,  secondo
 questo  giudice,  una  situazione  di  contrasto col principio di cui
 all'art.  3  della  Costituzione,  sotto  il  profilo   dell'identico
 trattamento  riservato  a  fatti  la  cui  essenziale  diversita'  e'
 innegabile; identico trattamento non gia'  quoad  poenam  (caso  gia'
 risolto  da codesta Corte con la citata sentenza n. 285), ma ai fini,
 come detto, della natura dell'arresto: obbligatorio per chi porta  in
 luogo pubblico piu' armi comuni da sparo come per chi porta piu' armi
 giocattolo prive di tappo rosso.
    Non  si discute, dunque, sulla scelta di munire di sanzione penale
 il divieto del porto in luogo pubblico di armi giocattolo  modificate
 (scelta sommamente opportuna, ed evidentemente mirata, come affermato
 da  codesta  Corte  sempre  nella citata sentenza n. 285 con richiamo
 alla precedente sentenza n. 171/1986, a prevenire  energicamente  usi
 distorti  e fraudolentemente criminosi di tali strumenti); si critica
 invece la scelta di parificare il regime dell'arresto in flagranza in
 relazione a fatti notevolmente  differenziati  quanto  a  livello  di
 offensivita',  pacifico  essendo  che solo il porto di arma vera, non
 anche quello di  arma  giocattolo,  presenta  concrete  potenzialita'
 lesive  e  denota particolare pericolosita' dell'agente; mentre priva
 di pregio per quanto qui interessa e' l'obiezione che giustifica tale
 equiparazione con il rilievo che il  porto  di  arma  giocattolo  con
 canna  non  occlusa  implica  disponibilita'  a servirsene, ottenendo
 cosi' l'effetto  intimidatorio  che  le  e'  proprio:  infatti,  cio'
 potrebbe,   tutt'al   piu',   valere  nei  casi  in  cui  si  discute
 dell'aggravante dell'uso delle armi, ma non certo nel  caso,  qui  in
 esame, in cui il porto sia elemento costitutivo del reato e dunque si
 prescinda   dalla   considerazione  delle  possibilita'  di  utilizzo
 dell'arma.
    Non solo, ma la descritta situazione comporta  anche  una  vistosa
 irragionevolezza  con  riferimento alle armi di cui all'art. 2, terzo
 comma, della legge n. 110/1975 sopra indicate,  implicando  che,  nel
 caso  - ad esempio - di porto illegale di piu' armi ad aria compressa
 (aventi certamente un grado di offensivita' superiore a quelle  delle
 armi   giocattolo),   l'arresto   non   sarebbe  obbligatorio  attesa
 l'esclusione di cui all'art. 380, secondo comma, lett. g) del c.p.p.
    In conclusione, l'obbligatorieta' dell'arresto nel caso  di  porto
 di piu' armi giocattolo alterate ex art. 5, ultimo comma, della legge
 n.  110/1975,  viola  il  principio  di uguaglianza di cui all'art. 3
 della Costituzione sotto un duplice profilo:
      da un lato sotto il profilo dell'irragionevolezza dell'identita'
 di trattamento nel caso del porto illegale di  piu'  armi  comuni  da
 sparo  e  nel  caso  di  porto  di  piu'  armi  giocattolo modificate
 (situazioni come si e' detto fondamentalmente differenti);
      dall'altro lato sotto il profilo della  irragionevolezza  di  un
 trattamento  piu'  rigoroso  rispetto  ad  una  fattispecie di minore
 gravita' (obbligatorieta' dell'arresto nel caso  del  porto  di  piu'
 armi  giocattolo  modificate  di  cui all'art. 5, ultimo comma, della
 legge n. 110/1975), ed  al  contempo  meno  severo  rispetto  ad  una
 fattispecie  piu' grave (non obbligatorieta' dell'arresto nel caso di
 porto di piu' armi di cui all'art. 2, terzo  comma,  della  legge  n.
 110/1975).
    Pare,  dunque,  doversi  concludere affermando che la questione di
 legittimita'  costituzionale  prospettata   non   e'   manifestamente
 infondata.
    Quanto  alla  rilevanza  della questione per la decisione in punto
 convalidata o meno dell'arresto (di cui si  parla  solo  ora,  avendo
 posposto  l'ordine  di  trattazione  dei  problemi  per  una migliore
 comprensione del dubbio di costituzionalita' prospettato) si  osserva
 che  in  tanto  potra'  provvedersi  alla  decisione  sulla convalida
 richiesta dal p.m. in quanto non vi sia dubbio che il caso di  specie
 vada  legittimamente ricompreso nelle ipotesi di arresto obbligatorio
 di  cui  all'art.  380,  secondo comma, lett. g), del c.p.p. e che la
 decisione sulla convalida vada effettuata alla stregua dei criteri in
 esso stabiliti.
    Infatti,  se  dovesse  affermarsi  che  l'evidenziata  parita'  di
 trattamento   di   situazioni   differenti  contrasta  col  principio
 costituzionale  di   uguaglianza,   dovrebbe   discenderne   la   non
 obbligatorieta'   (nel   caso   di  porto  di  piu'  armi  giocattolo
 modificate) dell'arresto in flagranza, con conseguente applicabilita'
 non piu' dei criteri di cui all'art. 380 del c.p.p., ma dei  principi
 di cui al primo e quarto comma dell'art. 381 del c.p.p.
    In  sostanza  la  previsione  dell'obbligatorieta' dell'arresto di
 fatto sottrae al giudice la possibilita' di  operare  la  valutazione
 discrezionale  sulla  gravita'  del fatto, ovvero sulla pericolosita'
 del soggetto, consentitagli invece nel caso di cui all'art.  381  del
 c.p.p.,  permettendogli  unicamente  il  controllo  sulla regolarita'
 formale dell'atto.
    Quindi la previa decisione della questione di costituzionalita' e'
 pregiudiziale  ai  fini  dell'individuazione  dei  parametri  cui  il
 giudice  deve  attenersi  nel  giudizio sulla convalidabilita' o meno
 dell'arresto:  parametri  decisivi  per   l'effettuazione   di   tale
 giudizio,  ed in relazione ai quali soltanto, una volta individuatili
 con  certezza  (e  quindi  risolta  la  questione  sollevata)  potra'
 procedersi al giudizio sulla convalida dell'arresto.